Più dell’omofobia esteriore dei bulli brutti, ignoranti e cattivi che ti danno del frocio, è l’omofobia interiorizzata che mi spaventa […] Il problema vero dell’omosessualità è che non ci viene mai presentata come un progetto di vita possibile, normale, felice. E, soprattutto, attuabile.

(Carlo Giuseppe Gabardini)

Possiamo definire l’omofobia come un insieme di emozioni e sentimenti (disgusto, ansia, avversione, rabbia, paura e disagio) che provano, sia consapevolmente che inconsapevolmente, gli eterosessuali nei confronti di gay e lesbiche (Hudson e Rickets, 1980). Si definisce “omofobia interiorizzata” l’accettazione passiva – consapevole o inconsapevole – nei gay e nelle lesbiche dell’insieme di atteggiamenti, credenze, pregiudizi, stigmatizzazioni, comportamenti e opinioni discriminatorie che creano emozioni e sentimenti negativi (ansia, disgusto, avversione, rabbia, paura e disagio) diffusi nella cultura omofobica.

Gli effetti che l’omofobia interiorizzata produce sugli omosessuali sono la difficoltà a fare coming out, la credenza che la omosessualità sia da nascondere, l’abbassamento della autostima, l’aumento della autoesclusione sociale, l’aumento della depressione, comportamento passivo, abuso di alcol e stupefacenti, tentativi di suicidio. Inoltre, gli omosessuali che nascondono la propria identità sessuale hanno una maggiore probabilità di sviluppare cancro e malattie infettive (polmonite, bronchite, sinusite, tubercolosi), rispetto agli uomini che manifestano la propria identità omosessuale. Nessuno nasce omofobico ed eterosessista. Questi atteggiamenti sono acquisiti attraverso l’interazione con gli altri, con la famiglia, insegnanti, coetanei e amici. I comportamenti e gli atteggiamenti omofobici sono appresi e mantenuti tramite la comunicazione. I pregiudizi condivisi spesso sono supportati dalle istituzioni sociali e diventano la norma. Nei casi estremi, l’omosessualità è considerata un disturbo.